La Casa delle Donne a Napoli

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Napoli
La casa delle Donne a Napoli è un'Associazione laica, apartitica, antitotalitaria, antirazzista e antisessista, formata da singole, gruppi informali di donne e Associazioni, Cooperative, ONG, che condividono principi di solidarietà e rispetto della persona umana e la promozione, lo sviluppo di attività di formazione e orientamento a favore delle donne e della loro cultura. Per tutte le informazioni e adesioni scriveteci a: lacasadelledonne@gmail.com

mercoledì 8 febbraio 2012

Convocazione Assemblea socie e simpatizzanti

E' convocata per GIOVEDI' 16 FEBBRAIO dalle ore 17.00, 
l'Assemblea generale delle socie e delle simpatizzanti de "La Casa delle Donne a Napoli" 
presso la SALA NUGNES (sala Multimediale) in Via Verdi 35, IV piano.
L'Assemblea è aperta a tutti. 
Per eventuali proposte da parte delle socie, si prega di inviare i propri contributi a: lacasadelledonne@gmail.com
in maniera da agevolare l'ordine degli interventi e dare spazio a tutte.
Associazione La Casa delle Donne a Napoli

martedì 7 febbraio 2012

Lavoro femminile: occupazione e l’Europa


Il lavoro femminile e l’investimento che su di esso avrebbero dovuto fare i vari governi italiani negli ultimi 20 anni e più, sono la vera piaga del nostro Paese.
Tutto ciò sembra andare in controtendenza rispetto a quello che veramente ci chiede l’Europa, ovvero portare il livello dell'occupazione delle donne al 60%, livello previsto dal trattato di Lisbona (Europa 2020), il che tra l’altro porterebbe ad un aumento del PIL del 7% .
Se guardiamo i dati delle classifiche mondiali, l’Italia è al 74° posto su 134 nazioni per parità di diritti tra uomini e donne, al 49° posto per quanto riguarda il grado di istruzione raggiunto dalle donne (Banca d’Italia ottobre 2011).
Ma vediamo i dati dell’occupazione femminile: in Italia è occupato il 46% circa delle donne, contro il 68% degli uomini. Naturalmente il Mezzogiorno è il fanalino di coda del Paese: al Sud lavora solo il 33% delle donne, cioè 3 su 10.
In Europa qual è la situazione? Nel primo trimestre 2011 la media dell’Unione Europea dell’occupazione femminile è del 58,1%. Quindi l’ Italia è molto, ma molto indietro rispetto ai partner europei.
Accenniamo ora ad un altro aspetto che riguarda le pari opportunità: la differenza salariale.
Si è giunti alla legge sulla parità salariale da anni ma di fatto, le differenze retributive tra donne e uomini sono sotto gli occhi di tutti: a parità di anzianità lavorativa  c’è una differenza tra il 25 ed il 30 % delle retribuzioni effettive tra donne ed uomini. Ad esempio,  una donna di 46 anni con 20 anni di servizio ha uno stipendio inferiore a quello di un maschio di un quarto (25%) causato da vari motivi:
-       nel corso della sua vita lavorativa la donna spesso chiede il part-time per accudire i figli o comunque non dedica molto tempo extra cioè oltre il normale orario di lavoro e ciò le causa un ostacolo alla sua carriera per evidenti motivi.
-       Il ricorso a forme quali straordinari serali, notturni e festivi e forme varie di incentivazioni è uso  esclusivo degli uomini.
-       Inoltre non è da sottovalutare un problema culturale per cui nelle aziende sia private che pubbliche le promozioni e i passaggi di carriera vedono sempre i maschi davanti alle donne.
Guardiamo per di più ai vertici delle aziende (sia pubbliche che private):  le donne sono una pura ed accademica eccezione.Tutto ciò nonostante le donne conseguano risultati sia nella scuola che all’università oggettivamente superiori a quelli dei maschi  (fonte: Istat Annuario Statistico Italiano 2010/ studio Dipartimento Formazione e Ricerca della Cgil Nazionale febbraio 2012).
Il tutto è anche aggravato dalla  mancanza di servizi sociali (soprattutto al Sud) che  rende il carico di lavoro femminile ulteriormente pesante ed insostenibile.
Un aspetto particolare riguarda anche l’effetto dell’allungamento dell’età pensionabile: cominciano a mancare gli appoggi delle nonne e dei nonni (costituenti il sostituto naturale del welfare) che invece devono continuare a lavorare e non possono pensare più ai nipoti.
Un altro dato importante riguarda l’abbandono del lavoro da  parte delle donne (8,7%), in particolare delle giovani mamme (13,1%), delle donne meridionali (10,5%) e con titoli di studio bassi (10,4%). A differenza di tante altre pillole amare che le lavoratrici e i  lavoratori devono ingoiare in nome di “come ci chiede l’Europa”, in questo caso le richieste europee sono completamente disattese ed ignorate in Italia.
Risulta perciò molto importante l’attivazione di adeguate politiche formative e per lo sviluppo che guardino con attenzione al lavoro femminile.
Teresa Potenza per l'Associazione La Casa delle Donne a Napoli

lunedì 6 febbraio 2012

III Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili







La barbara pratica della mutilazione genitale femminile riguarda 140 milioni di donne nel mondo. Una cifra aberrante che interessa soprattutto la zona tra il Corno d'Africa, Egitto, Sudan, Mali e che vede attraverso la totale o parziale asportazione e successiva cauterizzazione della clitoride, un’operazione “culturale” per noi difficilmente comprensibile. Essendo attuata con mezzi di fortuna o rituali (lame improvvisate, pezzi di vetro, cocci, lattine, pietre; unitamente ai metodi di sutura: fili di seta, spine di acacia, stecche di legno di palma a forma di V) essa porta gravi conseguenze sanitarie e psicologiche, gravissime infezioni e disfunzioni dell’apparato riproduttivo.
Le cifre del fenomeno.
In Europa la cifra riguarda oltre 500.000 donne, e le stime sono approssimate, essendo la pratica bandita e punita come in Italia, fino a 12 anni di reclusione. Ormai da anni, Amnesty International ha fatto notare che la Legge da sola, non basta e non tutela le bambine e le donne: durante le vacanze estive, infatti, le sventurate vengono rimpatriate nei paesi di origine e sottoposte alla pratica barbara dell'infibulazione e delle MGF.
Nelle culture in cui viene praticata, la mutilazione genitale femminile (MGF) è ritenuta un rito di passaggio, un’istituzione sociale che evita l’esclusione delle donne dal matrimonio: in Etiopia l'operazione avviene a soli 8 giorni dalla nascita, in Arabia a 10 settimane, in Somalia si viene clitoridectomizzate a 3-4 anni o infibulate a 8-10; tra i Masai, dopo il matrimonio. Dunque l’aspetto rituale varia da cultura a cultura.
Erodoto (484-424 a. C) scrive che la "recisione" veniva utilizzata da Fenici, Hittiti, Etiopi, Egiziani e Romani. Più vicini a noi, Pierre Dionis, medico personale di Luigi XIV, utilizza pinze e coltelli per eseguire clitoridectomia, mentre Isaac Ray, uno psichiatra inglese del XIX secolo, dichiara che gli organi riproduttivi delle donne in taluni casi vanno rimossi perché creano tendenza a comportamenti criminali. Per tutto il XIX secolo e fino alla seconda metà del XX, in Europa e Stati Uniti, si pratica diffusamente la cosiddetta clitoridectomia terapeutica per "patologie" quali masturbazione eccessiva, isteria, malinconia, ninfomania. Ma anche per affezioni respiratorie, epilessia, cecità, tumori o emorroidi. La prestigiosa rivista "Lancet" promuoveva senza remore la pratica e in Inghilterra, l'ultimo caso documentato di escissione del clitoride per correggere disturbi emozionali, risale agli anni '40.” (da La Repubblica del 2003) 
E’ comprensibile dunque che paesi in via di sviluppo restino ancorati a credenze che li legano però anche al nostro recente passato, come abbiamo visto; la nostra indignazione, il nostro orrore contro la pratica barbarica delle MGF deve tener conto anche di questo. Occorre dunque che il lavoro culturale sul fenomeno non abbassi mai la guardia, né in Italia, né altrove. E oggi, terza giornata mondiale contro le MGF, se ne parla davvero ancora troppo poco.
Rossana Di Poce per l'Associazione La Casa delle Donne a Napoli

venerdì 3 febbraio 2012

Comunicato Stampa


La decisione della Cassazione di revocare la misura cautelare in carcere degli indagati per violenza sessuale di gruppo su minore ha generato proteste ed indignazione, ed appare ancora più stridente poiché avviene ad alcuni giorni dall'esecuzione di provvedimenti di custodia cautelare in carcere emessi nei confronti di attivisti del movimento  “no  tav”  a distanza di circa sette  mesi dai fatti contestati.
Indubbiamente di fronte al perpetrarsi di reati nei confronti delle donne  ci si chiede quale sia il contrasto che effettivamente  in Italia si metta in campo a tutela delle vittime.
D'altra parte la sezione dell'ONU che si occupa specificamente di  reati  di violenza sessuale (CEDAW) ha inviato in Italia a fine gennaio una sua ambasciatrice (special rapporteur) per indagare sulle misure  messe in atto per prevenire la violenza sessuale e per punire gli autori, nonchè per verificare le criticità del nostro sistema legislativo e giudiziario, che è stato già giudicato insufficiente e carente.
La sentenza della Cassazione va letta quindi in questo contesto e  dimostra ancora una volta che mancano strumenti per garantire la protezione delle vittime della violenza sessuale, perchè se è vero che la misura preventiva repressiva non è tutto, è pur vero che ancor oggi con le lungaggini processuali il più tutelato rimane ancora il reo e non la vittima.
Il processo penale, frutto prima di un annoso studio e poi di centinaia di modifiche, ha creato un mostro  dal quale nessuno è garantito, meno che mai le donne.
Per interrompere  questa micidiale spirale, organizziamo una manifestazione che vedrà” la casa delle donne a Napoli” impegnata in prima linea. 
Associazione La casa delle donne a Napoli    


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE     SEZIONE III PENALE
Sentenza 20 gennaio - 1° febbraio 2012, n. 4377

Stupro di gruppo, qualcosa non funziona nell'interpretazione del reato?


non siamo di plastica!

A partire dal 2009, con l'approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale - nata sulla base di un diffuso allarme sociale legato alla recrudescenza di episodi di aggressioni alle donne - non era consentito al giudice (salvo che non vi fossero esigenze cautelari) di applicare, per i delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni, misure cautelari diverse e meno afflittive della custodia in carcere alla persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza. Investita della vicenda, la Corte Costituzionale, nell'estate del 2010, ha ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha detto sì alle alternative al carcere "nell'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure" http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/252437 

La Cassazione: il giudice può applicare misure cautelari alternative. Insorgono le donne (La Stampa)

MARIA CORBI
MARIA CORBI
Stupratori in libertà. Non è proprio così, ma certo la sentenza della corte di Cassazione secondo cui nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell’indagato (applicando misure cautelari alternative), ha un suono amaro per le donne. Un cambiamento dovuto a un’interpretazione estensiva di una sentenza della Corte Costituzionale del 2010, in base alla quale la suprema Corte ha annullato una ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, che aveva confermato il carcere - ritenendo che fosse l’unica misura cautelare applicabile - per due giovani accusati di violenza sessuale di gruppo. Il fascicolo è stato rinviato allo stesso giudice perché faccia una nuova valutazione, tenendo conto dell’interpretazione estensiva data dalla Suprema Corte alla sentenza n. 265 del 2010 della Corte Costituzionale...
http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/responsabilita-sicurezza/news/articolo/lstp/440992/
o anche l'articolo su Repubblica:
"ROMA - Una sentenza destinata a far discutere. Nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell'indagato, ma può applicare misure cautelari alternative. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, dando un' interprestazione estensiva ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2010. Una decisione che ha scatenato la reazione, furente e bipartisan, di molte donne impegnate in politica: "Sentenza aberrante". http://www.repubblica.it/cronaca/2012/02/02/news/cassazione_per_stupro_del_branco_anche_misure_diverse_da_carcere-29216266/


La sentenza in oggetto: http://www.altalex.com/index.php?idnot=17059
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE     SEZIONE III PENALE
Sentenza 20 gennaio - 1° febbraio 2012, n. 4377
Rossana Di Poce, Claudia Piccolino per l' Associazione La Casa delle Donne a Napoli

giovedì 2 febbraio 2012

Il 1°febbraio è un giorno di festa per tutte!


Oggi è il 67° anniversario della introduzione del diritto di voto alla donne. Il 1° Febbraio 1945 venne introdotto in Italia il Suffragio Universale con il quale per la prima volta,nella storia dell'Italia, venne concesso finalmente il diritto di voto alle donne. Il riconoscimento coronava una lungo impegno che ebbe la sua origine a partire dall'impegno delle emancipazioniste dell’epoca liberale, e ripresa dalle organizzazioni femminili nate dalla durante Resistenza. L’iniziativa per il suffragio venne presa in particolar modo dall’Unione Donne italiane (UDI).
Pochi mesi prima della conclusione del secondo conflitto mondiale, il secondo governo Bonomi - su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi - introduceva in Italia il suffragio universale, con Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 23 del 1° febbraio 1945, "Estensione alle donne del diritto di voto".
A  154 anni dalla "Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine" di Olympe de Gouges che le valse  la ghigliottina (1793), in Italia finalmente le donne si poterono recare alle urne. "Una prima volta che assunse una valenza ancor maggiore poiché avvenne in occasione del Referendum del 2 giugno 1946 in cui gli italiani furono chiamati a scegliere fra Monarchia e Repubblica."


Rossana Di Poce per l'Associazione La Casa delle Donne a Napoli