La
barbara pratica
della mutilazione genitale femminile riguarda 140 milioni di donne nel mondo.
Una cifra aberrante che interessa soprattutto la zona tra il Corno d'Africa, Egitto,
Sudan, Mali e che vede attraverso la totale o parziale asportazione e
successiva cauterizzazione della clitoride, un’operazione “culturale” per noi
difficilmente comprensibile. Essendo attuata con mezzi di fortuna o rituali (lame improvvisate, pezzi di vetro,
cocci, lattine, pietre; unitamente ai metodi di sutura: fili di seta, spine di
acacia, stecche di legno di palma a forma di V) essa porta gravi conseguenze sanitarie e psicologiche, gravissime
infezioni e disfunzioni dell’apparato riproduttivo.
Le
cifre del fenomeno.
In
Europa la cifra riguarda oltre 500.000 donne, e le stime sono approssimate,
essendo la pratica bandita e punita come in Italia, fino a 12 anni di
reclusione. Ormai da anni, Amnesty International ha fatto notare che la
Legge da sola, non basta e non tutela le bambine e le donne: durante le vacanze
estive, infatti, le sventurate vengono rimpatriate nei paesi di origine e
sottoposte alla pratica barbara dell'infibulazione e delle MGF.
Nelle
culture in cui viene praticata, la mutilazione genitale femminile (MGF) è
ritenuta un rito di passaggio, un’istituzione sociale che evita l’esclusione
delle donne dal matrimonio: in
Etiopia l'operazione avviene a soli 8 giorni dalla nascita, in Arabia a 10
settimane, in Somalia si viene clitoridectomizzate a 3-4 anni o infibulate a
8-10; tra i Masai, dopo il matrimonio. Dunque l’aspetto rituale varia da
cultura a cultura.
“Erodoto
(484-424 a. C) scrive che la "recisione" veniva utilizzata da Fenici,
Hittiti, Etiopi, Egiziani e Romani. Più vicini a noi, Pierre Dionis, medico
personale di Luigi XIV, utilizza pinze e coltelli per eseguire clitoridectomia,
mentre Isaac Ray, uno psichiatra inglese del XIX secolo, dichiara che gli
organi riproduttivi delle donne in taluni casi vanno rimossi perché creano
tendenza a comportamenti criminali. Per tutto il XIX secolo e fino alla seconda
metà del XX, in Europa e Stati Uniti, si pratica diffusamente la cosiddetta
clitoridectomia terapeutica per "patologie" quali masturbazione
eccessiva, isteria, malinconia, ninfomania. Ma anche per affezioni
respiratorie, epilessia, cecità, tumori o emorroidi. La prestigiosa rivista
"Lancet" promuoveva senza remore la pratica e in Inghilterra,
l'ultimo caso documentato di escissione del clitoride per correggere disturbi
emozionali, risale agli anni '40.” (da La Repubblica del 2003)
E’ comprensibile dunque che paesi in via di sviluppo
restino ancorati a credenze che li legano però anche al nostro recente passato, come abbiamo visto; la nostra
indignazione, il nostro orrore contro la pratica barbarica delle MGF deve tener
conto anche di questo. Occorre dunque che il lavoro culturale sul fenomeno non
abbassi mai la guardia, né in Italia, né altrove. E oggi, terza giornata
mondiale contro le MGF, se ne parla davvero ancora troppo poco.
Rossana Di Poce per l'Associazione La Casa delle Donne a Napoli
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